Il gioco secondo Gregory Bateson
“Il gioco e la creazione del gioco debbono essere visti come un unico fenomeno e anzi, dal punto di vista soggettivo, è plausibile dire che la sequenza può essere veramente giocata solo finché conserva qualche elemento creativo e inatteso. Se la sequenza è del tutto nota, essa è rituale, benché forse sempre formativa del carattere.”
Il gioco quindi è un’attività in divenire. Bateson sottolinea che il bambino quando gioca non ha già in testa una sequenza precisa di azioni, il suo gioco si trasforma, evolve in continuazione in base alle stesse emozioni che suscita nel bambino stesso. Potremmo dire che la peculiarità del gioco del bambino è proprio la sua imprevedibilità, esso non ha regole precise che ne definiscano le azioni (come invece il gioco degli adulti), ma si svolge all’interno di quella che l’autore chiama la “cornice” dell’azione:
“Si noti che il termine gioco non limita né definisce gli atti che costituiscono il gioco (…). Nel linguaggio ordinario "gioco" non è il nome di un atto o di un’azione: è il nome di una cornice per l’azione. Possiamo attenderci allora che il gioco non sia soggetto alle regolari norme del rinforzo. Anzi, chiunque abbia cercato di far smettere di giocare dei bambini sa cosa si prova vedendo che i propri sforzi vengono semplicemente incorporati nella struttura del loro gioco!”
Una cornice per l’azione: immaginiamo un bambino che stia giocando alla cucina e utilizzi dei barattoli come pentole, e ipotizziamo che si avvicini un secondo bambino…non gli serviranno spiegazioni per capire qual è la cornice di quel gioco, potrà anche lui prenderne parte dando agli oggetti il senso dato dal primo bambino. E all’adulto che arriva per interrompere il gioco con qualche richiesta è molto probabile che venga rivolto l’invito a mangiare la pastasciutta appena preparata! Interrompere la sua azione equivale a interrompere il suo pensiero, come sappiamo infatti, nel bambino azione e pensiero coincidono. Risulta evidente l’importanza di lasciare che il gioco arrivi a conclusione, oppure accompagnare la conclusione stessa del gioco entrando nella sua “cornice”. Nell’esempio di cui sopra due sono le possibilità che l’adulto può scegliere per interrompere l’attività del bambino:
- “Adesso metti via i giochi perché è ora di andare!”
- “Oh, grazie mille, la pasta è molto buona! Adesso laviamo i piatti e poi andiamo!”
Mentre la prima scelta non tiene conto del pensiero del bambino ma solamente della necessità dell’adulto, la seconda invece entra per un momento nella cornice del suo gioco e lo accompagna verso l’uscita, dimostrando interesse e partecipazione.